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San TRIFONE Martire - ALBO D'ORO della Pirotecnica
Albo dei Pirotecnici aggiornato al 2016

 

Aggiornato al 03 Ottobre 2016

LA FRATERNITADE OVERO SCUOLA
''IN HONORE DE MISSIER SAN ZORZI ET MISSIER SAN TRIFON,,

L'assemblea di circa 200 dalmati che nella primavera del 1451 diede vita alla nostra confraternita decise anche di porla sotto la protezione dei SS. Giorgio e Trifone. La scelta di questi due Santi può essere oggi motivo di curiosità presso gli stessi attuali confratelli ed occasione di indagine circa le cause di tale scelta. Stupisce anche che i numerosi Santi Protettori e compatroni delle principali città dalmate non siano in qualche modo ricordati nella Scuola. Ciò fa ritenere che la comunità dei dalmati residente a Venezia alla metà del '400 o per lo meno la grande maggioranza di coloro che promossero l'iniziativa della costituzione della confraternita abbiano avuto come luogo di provenienza ben determinate località della costa dalmata.
Nella riunione del 24 marzo 1451 fu eletto il Guardian Grande, il Vicario, lo Scrivano ed i dieci Decani componenti il primo Consiglio. Ma i documenti in nostro possesso nulla ci dicono circa le città dalmate di provenienza dei primi reggitori della Scuola. Nell'elenco giunto fino a noi viene riportato solo il nome ed il mestiere con la sola eccezione per lo scrivano che risulta un certo Nicolo da Cattaro. E' probabile però che la scelta sia stata fatta tenendo presenti i patroni delle città di origine della maggior parte dei promotori, ma questa deduzione, che può servire ad illuminarci circa la immigrazione dalmata nel capoluogo veneto nel '400, ha valore fino ad un certo punto.
Infatti se la scelta di San TRIFONE non fa sorgere dubbi essendo questo Santo notoriamente patrono della città di Cattaro per cui appare evidente una certa rilevanza numerica degli abitanti di quella città o per lo meno del comprensorio delle Bocche di Cattaro, la scelta di San Giorgio non ci è di molto aiuto per una precisa localizzazione poiché il culto del Santo Cavaliere era diffuso notevolmente per tutta la Dalmazia. In particolare esso era patrono della cittadina di Pago sull'isola omonima ma molte chiese sia della Dalmazia costiera che insulare lo avevano come titolare. San Giorgio era uno dei due grandi Santi soldati assai venerati in oriente (l'altro era San Teodoro compatrono di Venezia).
La leggenda fiorita intorno al giovane cavaliere romano, nativo della Cappadocia, martire per la fede, è notissima e la sua vittoriosa lotta contro il drago per liberare la principessa è stata immortalata nelle tele dei più prestigiosi pittori di ogni epoca. Ora non è qui compito nostro di approfondire le cause della « fortuna » di San Giorgio, ma è un fatto che, come in molte parti del mondo, anche in Dalmazia il suo culto era molto diffuso, come lo era del resto nella stessa Venezia ove veniva venerato fin dal IX secolo, culto di evidente derivazione bizantina tramite l'area ravennate. Importanti reliquie si trovavano a San Giorgio Maggiore e nella stessa basilica di San Marco e ben oltre 60 chiese del comprensorio lagunare, sia nelle varie isole che nella striscia di terraferma ai bordi della laguna, erano dedicate a San Giorgio.
E' opportuno però in queste brevi note ricordare che il XVI vescovo di Salona fu un San Giorgio, nativo di Meleda, che, con il suo martirio, contribuì nel 296 alla conversione della principessa Alessandra. Il padre Daniele Farlari nella sua opera « Illyricum sacrum » dimostra come gli atti dei due martiri spesso si confusero tra di loro e come ciò che narra la tradizione delle imprese eroiche del cavaliere San Giorgio, può convenire benissimo al martire San Giorgio vescovo di Salona. Ma forse il motivo della scelta va ricercato nel particolare fascino che la figura e le gesta del cavaliere cristiano pare avessero presso la gente di mare ed i dalmati, popolazione marittima per eccellenza, non facevano probabilmente eccezione a questo richiamo.
San TRIFONE, nativo della Frigia, patì il martirio nel III secolo sotto l'imperatore Decio. Nel 809 il suo corpo venne portato da una nave veneta a Cattaro, acquistate le spoglie e fabbricata la collegiata e la cattedrale. E' celebre la sua potenza contro gli spiriti maligni, dote questa che ebbe fin da bambino, per cui spesso appare nella iconografia religiosa in età giovanile nell'atto di liberare degli ossessi materializzando il demonio in forma di animali mostruosi e bizzarri. Santo questo non molto noto fuori dei confini della Dalmazia, pur tuttavia a Venezia era venerato nella chiesa di San Fantin, mentre a Mestre nella collegiata di San Lorenzo c'era un altare a Lui dedicato posto dietro l'organo ed il culto a questo Santo dava in passato luogo ad una delle feste tradizionali. Solo qualche anno più tardi appare per la prima volta accanto ai SS. Giorgio e TRIFONE il nome di San Girolamo, come compatrono della confraternita. Ne viene fatto esplicito cenno nell'indulgenza concessa ai confratelli nel 1464 dal Cardinale Bessarione.
E non poteva certo mancare il grande Santo, patrono di tutta la Dalmazia, figura di primo piano fra i grandi dottori della Chiesa. Questa aggiunta posteriore potrebbe far pensare ad una modifica della comunità per quanto riguarda la provenienza avvenuta con il prosperare della Scuola e ad una eventuale riserva circa i Santi Protettori per cui accostando ai primi il Patrono di tutta la Dalmazia, la questione, se posta, veniva risolta per sempre; ma è una presunzione che non ha alcuna possibilità di essere dimostrata. Anche San Girolamo è venerato a Venezia fin dal XIII secolo, culto con tutta probabilità portato da comunità monastiche ed era privilegio di altre chiese e confraternite; nella terraferma veneziana basterà ricordare che a San Girolamo è intitolata la chiesa ritenuta la più antica. Nella Scuola naturalmente, oltre a preziose ed importanti reliquie conservate con cura nelle apposite teche, i ricordi ed i richiami al culto dei Santi Patroni sono numerosissimi.
Il più famoso di questi, tale da solo a richiamare l'attenzione e l'ammirazione di studiosi e di appassionati di tutto il mondo, è il celebre ciclo di reieri che Vittore Carpaccio dedicò ai protettori della Scuola, illustrando con la sua arte singolare i momenti più significativi e celebrati della vita dei tre Santi, episodi del resto già molto noti da tempo, sia attraverso varie produzioni letterarie che tramite la copiosa produzione artistica di molti pittori. Gli episodi della vita di San Giorgio, dipinti dal Carpaccio, sono tratti dalla « Legenda aurea » dell'arcivescovo di Genova Jacopo da Varagine il quale nel XIII secolo scrisse la vita leggendaria di molti santi.
A Venezia venne stampata nel 1475 una edizione dell'opera, tradotta in volgare dal Manerbi, che ebbe molto successo. Per le storie di San Girolamo, oltre alla « Legenda aurea » il Carpaccio ebbe certamente come fonti anche il « Catalogus sanctorum » di Pietro de Natalibus che era un compendio sulla vita dei principali santi e, specie per l'ultimo quadro (la visione di S. Agostino), il « Hjeronimus, vita et transitus » edito a Venezia nel 1485 contenente la versione com­pleta delle leggende fiorite intorno a San Girolamo.
La fonte per la vita di San TRIFONE (che non appare nella « Legenda aurea ») è con tutta probabilità il codice membranaceo del 1466 esistente alla Marciana, miniato per como della nobile famiglia Bucchia di Cattaro. Oltre alle celeberrime tele carpaccesche, i Santi Patroni sono ricordati un po' dappertutto; in numerosi quadri della scala e della sala superiore, negli oggetti di oreficeria, nelle sculture esterne, nella « mariegola », nei documenti d'archivio. In particolare l'immagine del giovane cavaliere trionfante sul drago è presente un po' dovunque.
Una pala con fondo ora rappresentante San Giorgio, San TRIFONE e San Girolamo era collocata sull'altare dedicato alla nostra confraternita nella attigua chiesa di San Giovanni del Tempio; venne sistemata in seguito nell'altare a piano terreno del nuovo edificio della Scuola ove rimase fino al 1840 e qualche anno dopo venne rimossa. Di essa si sono conservati solo i due santi laterali San Girolamo e San TRIFONE che ora figurano ai lati dell'altare della sala superiore. Al centro dello stesso altare è sistemata una pala lignea quattrocentesca che rappresenta con vigorosa opera d'intaglio San Giorgio che assale il drago, mentre in basso ai lati appaiono gli altri due Patroni. Un altare dedicato a San Giorgio era posto al piano terreno del vecchio ospedale di Santa Caterina, mentre l'immagine del trionfante cavaliere fa bella mostra di sé al centro della facciata odierna della Scuola nel bassorilievo di Pietro da Salò della metà del '500.
E ancora vediamo i tre Santi patroni m numerosi quadri della scala e della sala superiore, sia lungo le pareti che nelle decorazioni del soffitto, opere queste di scarso valore artistico ma ugualmente attestanti in maniera eloquente come il culto dei confratelli per i propri protettori sia stato amoroso e costante attraverso i tempi. Tra le opere di oreficeria troviamo San Giorgio nel « verso » della bellissima croce processionale in argento e cristallo di rocca, opera pregevolissima della metà del quattrocento e nel « recto » della figura allegorica della Pace, uno sbalzo in argento del XVII secolo ove il santo cavaliere figura in un ovale al centro in basso sopra la scritta « Scola de S. Zorzi e S. Trifon de la Nation Dalmatina ».
E infine nella copertina della « Mariegola », il prezioso libro miniato contenente lo statuto ed i regolamenti della Scuola, abbiamo San Giorgio e San Girolamo in due rilievi in argento, racchiusi entrambi in una cornice gotica, fine lavoro di oreficeria risalente con molta probabilità agli stessi anni di fondazione della Scuola. Da antichi inventari risulta inoltre che in altre opere d'arte, ora scomparse, erano rappresentati i Santi Patroni, ma basteranno qui questi pochi cenni per attestare con tutta l'evidenza possibile in quale venerazione Essi erano tenuti da parte dei confratelli.
Va rilevato piuttosto che il culto era non saltuario o legato alla particolare pietà di qualche preposto, ma costante ed uniforme attraverso i secoli, estrinsecandosi non solo tramite esterne manifestazioni artistiche ma attraverso zelanti pratiche di culto e concrete opere di generosità verso i bisognosi. Vedremo in seguito come sotto la protezione e benedizione dei Santi Patroni San Giorgio, San TRIFONE e San Girolamo, la Scuola mosse i primi passi, si diede i primi statuti e regolamenti, ottenne indulgenze e benefici, e cominciò la sua lunga vita, modesta sì ma vigorosamente attiva, non priva di interesse e di importanza, riconosciuta questa del resto in più di una circostanza come avremo occasione di vedere.


BIBLIOGRAFIA

Litanie dei Santi della Dalmazia — Aitale, Zara, 1882.
Ludwig-Molmenti — Vittore Carpaccio — Milano 1906.
Tramontin, Niero, Musolino, Canciani — Culto dei Santi a Venezia — Venezia 1965.
Guido Perocco — Carpaccio nella Scuola di S. Giorgio degli Schiavoni — Venezia 1965.
Niero, Musolino, Fedalto, Tramontin — Culto dei Santi nella Terraferma veneziana — Venezia 1967.
Il miracolo di San TRIFONE
(VITTORE CARPACCIO)

La venerazione di martiri cristiani del terzo secolo, soldati dell'esercito convertitisi al Cristianesimo, come i Santi Trifone, Teodoro, Servolo, Sergio, Bacco e Giusto è quanto mai viva tra le popolazioni che vivono sulle sponde dell'Adriatico.
San Teodoro è il primo protettore di Venezia, i santi Sergio e Bacco sono gli antichissimi protettori di Ragusa, i santi Giusto e Servolo di Trieste ed infine San TRIFONE è patrono della città di Cattaro.
Trifone nacque a Campsade nella Frigia e subì il martirio insieme con san Respicio durante la persecuzione dell'imperatore Decio nel 250 per ordine del governatore della Bitinia. Nell' 809 alcuni mercanti veneziani, di ritorno dall'Asia minore, mentre stavano trasportando il corpo del Santo a Venezia, giunti in vista delle Bocche di Cattaro, furono colti da una violenta tempesta per cui dovettero riparare in una insenatura nei pressi della città.
Venuti a conoscenza del pio carico della nave veneziana, gli abitanti di Cattaro, guidati dal capo della città Andreaccio, vollero acquistare le sacre spoglie; elessero il Santo a loro patrono e cominciarono subito ad erigere un tempio in suo onore dove ancor oggi s'erge la cattedrale della città.
La vita di San TRIFONE non è descritta nella " Legenda Aurea ", il libro di Jacopo da Varagine da cui il Carpaccio trasse gli episodi dei SS. Giorgio e Girolamo che illustrò nei teleri dipinti per conto della Scuola Dalmata.
L'episodio narrato dal Carpaccio deriva da racconti apocrifi della vita del Santo, protettore della città di Cattaro in Dalmazia e titolare di quella cattedrale (che nella consueta iconografia viene rappresentata sulla sua mano destra): la fonte alla quale il pittore può con maggiore probabilità aver attinto è il codice membranaceo della Marciana del 1466 (Miracoli di San TRIFONE, CL. XI. It. Cod. 196) miniato per commissione della nobile famiglia Bucchia di Cattaro, indicato già dal Molmenti, nel quale si riporta che già da fanciullo il santo operava miracoli liberando dal demonio gli ossessi.
L'episodio raffigurato dal Carpaccio è l'ultimo della serie: la figlia dell'imperatore romano Gordiano era posseduta dal demonio, e soltanto il fanciullo Trifone, ricercato in tutto l'impero, riuscì a liberare la fanciulla dallo spirito maligno.
La scena rappresenta, dunque, il santo giovinetto che materializza in forma di basilisco lo spirito maligno uscito dalla bocca della figlia dell'imperatore. E il codice riporta il dialogo tra San TRIFONE ed il demonio, durante il quale il Santo si informa, tra lo stupore e la meraviglia degli astanti, della natura di Satana e delle sue tentazioni.
La partizione del quadro è scandita dal loggiato ove avviene il miracolo: al centro i due protagonisti, il santo ed il demonio vinto, con il quale, secondo la leggenda, avviene un colloquio sulla natura del peccato; a destra la principessa e l'imperatore con un gruppo di personaggi. Ritorniamo in una atmosfera che ricorda Santa Orsola; il Palucchini pensa di anteporre nella data questo dipinto ai primi tre di San Giorgio.
Una metà del quadro, ove si compie il miracolo, ha per sfondo un palazzo di architettura lombardesca; dai davanzali decorati con arazzi e da una scala esterna si affacciano delle figure verso il primo piano: sembrano comparse in funzione decorativa della messa in scena; hanno però un significato preciso tra le volte e le bifore, le animano con una partecipazione piena di gustosa inventiva, assieme alle note cromatiche che si scandiscono sui damaschi.
Miracolo di San TRIFONE

A sinistra il paesaggio si allarga in prospettiva verso una immagine più circostanziata della città di Venezia con il canale, i ponti, un campanile in mezzo alle case, ed il commento orale dei personaggi che ai distende sulla piazza, le scalinate ed un loggiato adornato a festa.
La decorazione della fascia marmorea in primo piano pone in evidenza alcun ricordi classici cari ad un umanista; pare di intravedere la figura di Tiberio a sinistra, che si alterna ad un busto rinascimentale, al centro l'imperatore Vitellio, poi un altro in simmetria con il secondo, ed infine un ritratto di Cesare. Nell'ovale al centro e nelle losanghe ai lati vi sono busti di imperatori, negli ottagoni ritratti di umanisti. Si tratta di riprese di fantasia dell'artista su modelli di medaglie classiche rinascimentali, che non hanno mai il formato che qui vediamo.
La nostra ricerca archeologica sul quadro può continuare sui basamenti delle colonne, entro losanghe dorate su fondi scuri ed anche sopra le bifore del palazzo lombardesco. Le immagini sono quasi del tutto consunte dal tempo e sembrano scolpiti alcuni rilievi classici come l'artista aveva fatto nel grande palazzo che domina il " Ritorno degli ambasciatori " di Sant'Orsola.
Il pittore ci tiene a farci conoscere il suo interesse umanistico per le medaglie, le placchette e le sculture antiche in un'epoca di medaglisti come il Camello, di letterati quali il Bembo e di collezionisti quale Domenico Grimani.
Il quadro è essenzialmente racconto: viene creato attraverso il giucco scenico tra i personaggi in posa e l'architettura, il vicendevole sciogliersi e il comporsi delle figure con un effetto statico e a volte pettegolo. Per rendersi conto però della diversità di questo racconto, rispetto a quello di altri pittori veneziani dell'epoca, che avevano lavorato per alcune Scuole veneziane, come Lazzaro Bastiani, il Diana, il Mansueti e lo stesso Gentile Bellini, bisogna osservare da vicino le singole figure, anche quelle lontane, concepite tutte come macchie di colore, che conservano la freschezza del tocco e dell'intuizione luministica, nel punto esatto in cui la nota cromatica acquista un suo significato, un accordo previsto nel contesto delle architetture, che si compongono insieme secondo un principio armonico
di Guido PEROCCO
* PELLEGRINAGGIO ALLA CATTEDRALE DI SAN TRIFONE*
26 e 27 Giugno 2004 - CATTARO (Montenegro)

Ore 19.25 del 25 Giugno 2004, finalmente la tanto sospirata partenza in tre pullman e un'auto si concretizza, salutando Adelfia. Si avvia verso il porto di Bari dove ci imbarchiamo sul traghetto Sveti Stefan alle 22,00 circa, alloggiati in cabina e pronti per affrontare una notte in mare.....per alcuni questo e' il "battesimo" del mare e per tanti e' il primo viaggio fuori dai confini nazionali.
Ore 08.10 circa del mattino dopo, la motonave attracca nel porto di a Bar in Montenegro. Quivi ci aspettano ancora 3 pullman del posto che ci condurranno a Cattaro, accompagnati da una guida che parla perfettamente l'italiano.

Svolte le varie procedure, finalmente si parte.
Dopo 100 Km una sosta volante per ammirare il panorama fiabesco della costa Dalmata ed in particolare di Sveti Stefan, in italiano Santo Stefano, (antico villaggio di pescatori ed attuale città albergo famosa nel mondo per le sue confortevoli residenze - foto a destra), si raggiunge l'agognata meta.

Qualcuno sfidando la calura estiva (36°), ansioso di raggiungere San TRIFONE, si avvia alla volta della cittadella di Cattaro dov'e' la Cattedrale, più volte distrutta da terremoti e sempre ricostruita.
I tempo sembra essere volato. Ci raggiunge sulla terrazza dell'albergo il capitano Radimir Vjeko, comandante di navi mercantili e profondo conoscitore della storia del luogo e di San TRIFONE, ci illustra il panorama di Cattaro e le sue chiese. Non ci si stancava mai di ascoltarlo. Dopo pranzo e un meritato pisolino, verso le 17.00 siamo usciti diretti verso la parte storica di Cattaro, ansiosi di ammirare ed entare in quella Cattedrale che abbiamo visto soltanto in fotografia...
Attraversando piazze e piazzette e strette viuzze, finalmente siamo presso il sagrato dell'imponente chiesa, finita di ricostruire il 2001, dopo l'ultimo terremoto del '92.
Ben presto il Parroco di Kotor, Don Antonio Belanè e l'amico Radimir ci accolgono fra le fresche e massicce mura, in stile romanico, illustrandoci la struttura della Cattedrale e la figura di San Trifone.
Terminata la visita e venerate le Reliquie del Santo, ci dirigiamo in piazza D'Armi.
Dopo qualche minuto ecco arrivare la vecchia e tradizionale guardia di San TRIFONE, ovvero la "Marinerezza Bochese", con in testa la banda al suono della cantata al Santo <KOLO BOKELISKE MORNARICE> sfilano in parata prima, e danzano poi un vecchio ballo.
Manifestazione che ricorda la fondazione della "Marinerezza" e che si festeggia proprio il 26 Giugno di ogni anno. Per l'occasione della nostro pellegrinaggio, sono intervenuti poi, a parte il parroco, anche l'Arcivescovo il Sindaco, l'Ammiraglio e 2 controAmmiragli, rendendoci i dovuti onori.
Appena dopo le 21.00, lasciando i meravigliosi scenari del centro storco ci siamo avviati a cena.
Alle 08.00 del giorno 27, fatta la dovuta colazione siamo tornati alla Cattedrale dove il ns parroco, don Peppino Diana e il parroco di Cattaro hanno concelebrato una messa solenne.
La fede, la venerazione, la dedizione e l'aggregazione a San TRIFONE era presente. Ancor più quando, portando in processione la reliquia di San TRIFONE, il "Capo Glorioso", l'hanno fatta baciare a tutti i fedeli presenti alla funzione religiosa. La commozione ha raggiunto veramente limiti invalicabili in tutti noi.
Finita la straordinaria cerimonia, salutato i prelati e al suono continuo delle campane non poteva mancare una foto di gruppo, per immortalare questo pellegrinaggio, quindi siamo tornati in albergo per il pranzo. Dopo una siesta alle 17.00, con grande rammarico, si lasciava l'albergo per avviarci alla volta di Bar. Lungo la strada breve tappa a Budva, nella vecchia città medioevale della costa dalmata.
Visitando il meraviglioso centro storico in lungo ed in largo, dopo un leggero snack, alle 19.30 siamo ripartiti alla volta di Bar.
Assolti le varie procedure d'imbarco alle 22.00 siamo partiti; ore 09.00 del giorno successivo siamo sbarcati a Bari con un bagaglio pieno di ricordi.
Cari amici,
non mi sono mai avvicinata molto a questo sito se non quasi per gioco, ma ora vorrei attraverso questo mezzo raccontarvi chi era Giovanni SCAVO.

Chi l'ha conosciuto sa che uomo era, (mi risulta difficile utilizzare il passato come forma verbale), era buono, altruista, semplicemente amGiovanni SCAVO      Giovanni SCAVO (1942-2004)abile, ma forse non tutti sanno che oltre ad essere tutto questo era un uomo che ha insegnato a tutti l'amore per la vita. Mio padre amava vivere, per costruire, per essere sempre in movimento, c'è stato chi il giorno in cui lo abbiamo accompagnato verso la sua ultima dimora, ha detto "era il motore" di tutte le iniziative che si prendevano; è vero, era il motore, non solo per ciò che riguardava i festeggiamenti per San Trifone, ma anche per ognuno di noi. Pur essendo costretto sulla sua sedia, era in collegamento con il mondo attraverso questo mezzo che è internet e gli si illuminavano gli occhi quando aveva notizie di molti amici che non vedeva da anni. Tornando a casa da lavoro, si esaltava a raccontare che aveva contattato amici dall'Australia, dall'America, dal Canada, stava ore a programmare con mio marito come fare per rendere piacevole la navigazione, per i cari EMIGRANTI che si sentivano un pò a casa attraverso il sito. Si sentiva vivo. Il mio adorato papà, si è sentito vivo fino all'ultimo, pensando al mondo che lo stava aspettando fuori da quella camera di ospedale, per questo un pò vi devo ringraziare. Nel suo cuore c'era un pezzo di ognuno di noi, di voi, aveva un pensiero d'amore per tutti amici cari, aveva la gioia e la forza di sostenere anche le difficoltà degli altri, senza secondi fini, semplicemente con amore, con l'amore per la vita.
Questo sito continuerà ad esistere, ed ogni qual volta voi vi avvicinerete a visitarlo, vi prego, ricordate il vostro amico Giovanni, in modo da tenere sempre vivo il suo amore per la vita nel tempo.
A voi dedico una poesia di Madre Teresa di Calcutta, che ho scelto perchè rispecchia molto la personalità di mio padre.
Tieni sempre presente che la pelle fa le rughe,
i capelli diventano bianchi,
i giorni si trasformano in anni.

Però ciò che é importante non cambia;
la tua forza e la tua convinzione non hanno età.
Il tuo spirito e` la colla di qualsiasi tela di ragno.

Dietro ogni linea di arrivo c`e` una linea di partenza.
Dietro ogni successo c`e` un`altra delusione.

Fino a quando sei viva, sentiti via.
Se ti manca cio` che facevi, torna a farlo.
Non vivere di foto ingiallite…
insisti anche se tutti si aspettano che abbandoni.

Non lasciare che si arruginisca il ferro che c`e` in te.
Fai in modo che invece che compassione, ti portino rispetto.

Quando a causa degli anni
non potrai correre, cammina veloce.
Quando non potrai camminare veloce, cammina.
Quando non potrai camminare, usa il bastone.
Pero` non trattenerti mai!

Con affetto per tutti voi, e con il pensiero rivolto a mio padre.
Maria Pia

Giovanni ci ha lasciato il 20 Dicembre 2004.
Antonio Martino, responsabile del portale dedicato alla pirotecnia Doctorfire.it, ha dedicato un pensiero al suo "amico mediatico" Giovanni. Sentiti ringraziamenti vanno da parte della famiglia di Giovanni ad Antonio per la sensibilità mostrata in questo triste evento. Leggi.

Dal Guestbook
 

4 Gennaio 2005 - 09:39
Fabio from Italia

 

Ciao Giovanni...
pur non conoscendoti di persona ho sempre ammirato la tua tenacia, la tua volontà...
Ora potrai finalmente vedere in volto San Trifone e godere di questa gioia
Addio - Fabio e gli amici del comitato festa "S.Giovanni Elemosiniere" di Casarano

08 Gennaio 2005 - 13:23
Antonio from Italia

 

Con profonda tristezza apprendo la scomparsa di Giovanni.
Ciao Giovanni.
 

04 Gennaio 2005 - 21:32
Enzo from Italia
 
 

"L'entusiasmo è per la vita quello che la fame è per il cibo."
(Bertrand Russel)

saranno anche insufficenti, queste righe, per salutare un Amico che non vedrò più, ma continuerò lo stesso a sentire quell'entusiasmo che lo ha sempre accompagnato nel raccontarmi delle sue passioni, le sue emozioni, i suoi sogni per la realizzazione di santrifone.it, il luogo che lui ha sempre inteso per incontrare gli amici del mondo, intorno alla figura di San Trifone.
Un abbraccio, forte come la personalità, la lealtà di Giovanni, a Mariapia e Gianvito. Un bacio alla piccola Principessa...

un ciao,
a Giovanni

04 Gennaio 2005 - 15:40
Antonio (Doctorfire) from Italia

 

Con molta tristezza ho appreso soltanto oggi la notizia. Anche se non l'ho mai conosciuto di persona Giovanni era un grande Amico. Mi dispiace davvero tanto.
Ciao Giovanni

29 Dicembre 2004 - 16:36
Alessandro Calaprice from Switzerland
 
 
  Giovanni non è più tra noi. Questo mi rattrista molto. Era il collante degli adelfiesi sparsi in tutto il mondo. Chi come me opera tra e per i pugliesi all'estero, sa quanto sia importante avere un punto di riferimento. Ciao Giovanni. Mi mancherai!!

Alla famiglia giungano le mie più sentite condoglianze

28 Dicembre 2004 - 09:21
Michel PACCELLIERI from France

 

A toi Giovanni, pour toutes les joies, les émotions, et tous les souvenirs, que tu as suscité en nous, émigrants d'Adelfia, à travres ce merveilleux site, je veux simplement de dire un grand : MERCI !
Michel Paccellieri - Dannemarie/France

27 Dicembre, 2004 - 15:56
Gianvito from Italy
 

Trifone BRUNO
IL più estroso dei maestri pirotecnici, Trifone BRUNO, nasce col fuoco dentro, ad Adelfia (Ba), il 25 dicembre 1905. A 15 anni, Luigetto Nanna, della dinastia dei Nanna, da Casamassima, lo accoglie nella sua fabbrica. Ha dato prova dell'arte di caricare i cannoli ai suoi lavoranti. Trifone, come Michelangelo, è maestro prima di essere allievo.
Giovanissimo lavora a Verona presso una ditta di esplodenti, a Buffoluto, polveriera dì Stato. A 17 anni è capogiovani nella fabbrica di Augusto da Terlizzi e col fuoco dentro, se "ne scende" (scappa di casa ndr) con Brunetta sua sposa e dalla quale avrà 8 figli. A 19 anni è capogiovani nella fabbrica della vedova Vernola da Molfetta, dove prepara una sparata per Montrone (S. Trifone 1927) con 80 bombe di tiro. Uno spettacolo ancora vivo nella memoria dei suoi estimatori. Sollecitato dagli ammiratori, nel 1928 Trifone mette su fabbrica. Il suo nome da battaglia, fa scuola. Le sue bombe cantano. E' il re dei tempi e delle novità. Le sue bombe sono sempre più ardite, sino a sfidare i limiti dell'arte. Primo quello di far aprire la prima pacca della bomba a pochi metri dall'uscita del mortaio per alleggerirla e mandarla alta nel cielo. Altra sfida è la preparazione della polvere di lancio. Ha intuito che le tre componenti della polvere nera, nitrato (75 parti), carbone (15), zolfo (10) devono raggiungere un'altissima omogeneità, cui corrisponde una più alta velocità di combustione, conferendo alla miscela un forte potere di lancio, con risultati eccellenti sulla balistica. Infatti le bombe di Trifone raggiungono le nuvole e sono lunghe che non finiscono mai.
Egli conosce a menadito tutti i combustibili, dai metalli ai clorati, tutti i comburenti, dai nitrati alla scialacca, tutti i coloranti delle fiamme, dai solfati ai carbonati.

Trifone BRUNO
con alcuni suoi collaboratori

Ne sa più di un chimico e nel 1966 suggerisce ad una nota fabbrica di esplodenti italiana, fabbricante di razzi antigrandine, la collocazione di una valvola di scarico dei gas per eliminare un difetto di scoppio alla partenza. Re delle polveri, sostiene che "lapolvere non conosce padrone".
Nel 1940 spira aria di guerra. I fuochi pirotecnici sono vietati. Trifone è costretto a chiudere.
Emigra in Germania per un lavoro in miniera, dove rimane fino al 1943. L'8 settembre scappa aggrappato sotto un carro merci. In Germania lascia una fiamma con la quale mantiene una romantica corrispondenza.
Le sue lettere hanno un inizio comune: "Main liben fraulen". Nel 1945 riapre la fabbrica. Le materie prime scarseggiano. Nei campi degli alleati c'è polvere a buttare che neppure si paga. Trifone la usa per mina di lancio. Si tratta di polvere contenuta nelle bombe di aereo. E' fatta a palline. Per essere utilizzata deve essere triturata finemente. Le palline vengono versate nel mortaio, una vasca di pietra e battute con un maglio di legno, fino alla polverizzazione.
Alle ore 14,00 del 17 giugno 1946 lo zio di Trifone sta battendo con il maglio le palline. Pochi colpì di maglio ancora e si va a pranzo. I figli Giovanni (anni 20) e Michele (anni 18) hanno smesso. Michele dice allo zio: "Finisco io". Al primo colpo una fiamma violenta invade i tre. Giovanni muore il giorno dopo, lo zio tre giorni dopo. Michele sale al cielo nel mese di ottobre. Il tempo passa e sana le ferite.
Il 12 maggio 1956 il figlio Luigi (anni 18) trasporta sulla lambretta un sacchetto di polvere nera che, toccando sulla marmitta, si riscalda, esplode e manda in aria a pezzetti il mezzo e il ragazzo, sulla provinciale per Rutigliano, al chilometro 1,5 da Adelfia. Il 10 novembre 1956 (S. Trifone) a Montrone, Trifone si esibisce con uno spettacolo al di fuori dell'ordinario: il finale che è rimasto nella memoria di tutti gli estimatori e che molti maestri pirotecnici hanno tentato di imitare senza riuscirvi. Si trattò di due finali, il primo eccezionale nella stesura tradizionale, il secondo iniziò subito dopo l'ultimo botto del primo con bombe di grosso calibro ad alto potenziale, di eccellente fattura, ritmate, con quel ritmo che solo lui sapeva dosare, proseguendo con un inferno bis e una seconda chiusura più eccentrica, fragorosa e articolata da lasciare sbalorditi. Era la risposta di Trifone ai misteri delle misture di cui conosceva tutti i segreti e che per due volte avevano funestato al sua fabbrica. Il fuoco, un gioco d'azzardo.
Nel 1972 Trifone è invitato ad esibirsi nel Principato di Monaco dove riporta un grande successo e riceve un grosso premio in denaro.
Alle ore 20,30 del 20 ottobre 1973, mentre Trifone con il genero Don Vito stanno preparando la sparata per il prossimo 10 novembre, un lampo e un boato che fa tremare la terra. Trifone, il re dei bengala, quello che empie i cieli di stelle e fa le croci per aria, è lì, tra le macerie, bruciato con una trave conficcata nel petto, sembra un piccolo pupazzo annerito dal tempo. Accanto, il genero Don Vito, anche lui ridotto ad un pugno di carne abbrustolita. Tutta la notte sulla via per Rutigliano, dove era la fabbrica, è un continuo pellegrinaggio. Accorrono da paesi vicini, vogliono vedere, sapere, ma Trifone è in cielo. Ha raggiunto i figli Giovanni, Michele e Luigi che lo aspettano per preparare parate per i Santi.
D'estate, quando il cielo è limpido, in direzione dov'era la fabbrica, si notano bagliori colorati, sono i fuochi dei Bruno in cielo. Sei vite bruciate.
di Francesco NICASSIO

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